Green economy, l’industria chiede a Parlamento e Ue di misurare il riciclo effettivo
Una concreta programmazione economica, così come quella ambientale, ha bisogno innanzitutto di dati affidabili per poter prosperare. Per questo le industrie italiane che producono carta, acciaio, metalli e plastica – tutti settori dove la manifattura è anche riciclo – si sono unite nel chiedere «un metodo armonizzato per misurare il tasso di riciclo nel “processo finale di riciclo”», supportando le proposte in merito della Commissione Ue e del Parlamento italiano. Solo su questa base, infatti, è possibile promuovere seriamente il recupero dei materiali e la qualità del riciclo.
Non è quanto però sta accadendo, né dal punto di vista comunitario né da quello nazionale. «In Europa – ricordano le industrie italiane riunite per l’occasione sotto il cappello di Assocarta, l’Associazione che riunisce i produttori nazionali di carta e cartoni – molto Stati membri usano differenti metodi per calcolare i tassi di riciclo nazionali e fare delle comparazioni diventa difficile. In alcuni casi questi calcoli sono basati sui rifiuti raccolti e selezionati, così che molti di questi rifiuti sono inceneriti o mandati in discarica o esportati senza una garanzia di un appropriato trattamento. In una vera economia circolare i materiali devono essere recuperati e riciclati in maniera appropriata in modo da poter usati in nuovi prodotti».
Come noto, la commissione Ambiente del Senato – producendo il parere italiano sul pacchetto legislativo proposto da Bruxelles sull’economia circolare – ha appena chiesto di rendere «il più rapidamente possibile omogeneo il metodo di calcolo dei diversi Stati membri» in fatto di rifiuti. Un’azione attesa da tempo, che produrrebbe indubbi benefici. L’Italia in primis, però, attende da quasi vent’anni un metodo omogeneo in tutto il territorio nazionale per misurare e performance di raccolta differenziata, il mezzo attraverso il quale passa il fine del riciclo. A prevederlo era già il decreto Ronchi del 1997, ma l’attuazione non è mai arrivata. Il risultato è che non solo non disponiamo in Italia dati affidabili in merito al riciclo, ma neanche riguardo alla raccolta differenziata. Ogni regione la calcola a suo modo, e – ad oggi – l’unica a sottoporre a certificazione i dati raccolti è la Toscana.
Così non va, e non a caso a muoversi è il mondo della manifattura: il riciclo, spesso citato a sproposito, non è che una forma d’industria, dove le finalità economiche s’intrecciano con quelle ambientali. Una volta completata la raccolta e la selezione, per riciclare la carta occorre una cartiera, per l’acciaio un’acciaieria, per il vetro… una vetreria.
Andando a misurare concretamente il “processo finale di riciclo”, sottolineano dunque da Assocarta, si «promuove il recupero dei materiali dai rifiuti evitando che i rifiuti accolti e selezionati finiscano inceneriti, in discarica o esportati». Il tasso di riciclo «deve misurare il vero tasso di recupero dai rifiuti». Tutti gli attori della catena del riciclo «danno il loro contributo al riciclo dei rifiuti in prodotti o materiali», e una misura appropriata identifica «il punto di riciclo finale nel momento in cui il materiale è in grado di sostituire una risorsa primaria». Tutto questo «consente un benchmark, attraverso l’introduzione di un metodo armonizzato».
«Nella revisione della legislazione in materia di rifiuti – concludono le industrie – il Paramento e gli Stati membri devono salvaguardare la proposta della Commissione per misurare il reale tasso di riciclo. Questo è una fase essenziale per promuovere il recupero dei materiali in tutti gli Stati membri». Per dare una spinta concreta, non c’è niente di meglio di un buon esempio: anche il sistema italiano è chiamato ad evolversi.